Cinque società che operano nel settore del money transfer sono state sanzionate dal Garante per la protezione dei dati personali per uso illecito delle informazioni di circa mille soggetti del tutto inconsapevoli delle attività svolte.
La Procura di Roma, nell’ambito delle sue indagini, ha delegato il Nucleo di polizia valutaria della Guardia di Finanza al fine di accertare le condotte poste in essere dalle note multinazionali operanti nel settore: dalle predette indagini è emerso che le società raccoglievano e trasferivano in Cina cospicue somme di denaro eludendo la normativa antiriciclaggio e quella a tutela dei dati personali.
I money transfer infatti, per impedire agli organi di controllo di risalire ai reali mittenti e destinatari delle somme, da un lato trasferivano importi al di sotto della soglia prevista dalla legge (frazionando quindi ad hoc i crediti) e dall’altro attribuivano le transazioni ad ignari soggetti, sfruttando fotocopie di carte di identità acquisite e utilizzate illecitamente.
I mittenti erano spesso persone defunte o inesistenti ed i moduli dei trasferimenti risultavano, in taluni casi, non compilati o compilati parzialmente: le transazioni avvenivano per importi di poco inferiori ai limiti di legge ed a distanza di brevi lassi temporali gli uni dagli altri.
Le società, così come emerso dalle indagini, hanno agito come consulenti dei propri clienti, indirizzandoli verso il metodo ritenuto più consono al fine di eludere la disciplina antiriciclaggio.
L’Autorità garante, di concerto con la magistratura, tenendo conto della gravità delle violazioni, della plurima reiterazione delle attività e del rilevante numero di persone coinvolte, ha comminato complessivamente 11 milioni di euro di sanzioni nei confronti delle cinque società coinvolte.
Di fondamentale importanza il rilievo per cui gli enti avrebbero creato ed utilizzato un apposito archivio informatico comune (il c.d. Archivio Unico Informatico - A.U.I.), all’interno del quale avrebbero inserito i dati delle transazioni effettuate: tale archivio è stato considerato dal Garante “una banca dati di particolare rilevanza e dimensioni”. Elemento quest’ultimo che ha fatto propendere per un trattamento sanzionatorio più severo ed incisivo.