Chi può vedere un post pubblicato su un social network? I profili “chiusi” sono effettivamente tali? Le informazioni, spesso di minori, che vengono pubblicate, rispettano la riservatezza del soggetto coinvolto?
A queste domande ha fornito una chiara risposta il Garante per la protezione dei dati personali, pronunciatosi in un recente provvedimento (n. 75 del 23 febbraio 2017 doc. web 6163649) all’esito di un procedimento che ha visto contrapporsi le ragioni di due genitori separati. In particolare, il padre lamentava la illegittima pubblicazione, sul profilo Facebook della ex moglie, di due sentenze relative alla cessazione degli effetti civili del loro matrimonio.
Nei predetti documenti, nei quali peraltro non tutti i dati identificativi del minore erano stati rimossi, venivano evidenziati alcuni aspetti inerenti alla vita familiare della bambina, alla sua sfera sessuale, alle difficoltà ed ai disagi patiti dalla stessa. Ciò in palese violazione del diritto alla riservatezza dell’interessata.
Secondo quanto stabilito dal Garante, la natura “chiusa” del profilo social non può in alcun modo essere provata, bensì la possibilità, da parte degli “amici” della madre, di visualizzare e condividere il “post”, lo renderebbe potenzialmente visibile a tutti, aumentando esponenzialmente la forza lesiva della condotta.
L’Autorità ha quindi prescritto alla donna di rimuovere dalla propria pagina Facebook le sentenze in commento, la cui divulgazione contrasta altresì con il divieto, stabilito dall’art. 50 del D. Lgs. 196/03, di pubblicare “con qualsiasi mezzo” notizie che consentano di identificare un minore coinvolto in procedimenti giudiziari, nonché la diffusione di informazioni che rendano, anche indirettamente, identificabili i minori implicati in procedimenti di famiglia.